Alto tradimento
Come gli Agnelli Elkann se ne sono andati dall'Italia e chi li ha aiutati
Lo snobismo torinese, la diffidenza per Roma e i politici, l’ottima predisposizione a incamerare soldi pubblici con qualunque governo. La vocazione internazionale del gruppo FIAT, dall’Argentina alla Russia al Brasile, sempre sotto il cappello di regimi dittatoriali (non ultima la Libia del dittatore Gheddafi). Il declino del settore auto e il passaggio alla finanza con Romiti, fino al famoso “maxi-dividendo”. I guai con il fisco dell’Avvocato, i rapporti privilegiati con politici, sindacalisti, banchieri, magistrati, giornalisti, spesso trattati alla stregua di (volonterosi) cortigiani.
La “fuga” da Torino degli Agnelli comincia nel 2005, quando vengono venduti al pubblico trecentomila metri quadrati dell’area di Mirafiori. Ma come si è arrivati a questo punto?
Ripercorrendo la storia della FIAT, la più importante azienda italiana del Novecento, il giornalista Francesco Bonazzi racconta e analizza il processo, storico ed economico, che ha portato al semiabbandono degli stabilimenti, avvenuto quasi sotto silenzio.
Sono più di vent’anni, ormai, che con Romiti, Marchionne e infine Tavares, la FIAT – sempre più protetta e aiutata in Italia –, è una sorta di entità senza patria, e non solo perché Gianni Agnelli ha accumulato un tesoro nei paradisi fiscali di mezzo mondo (la vicenda della sua eredità estera si trascina da quindici anni con la figlia Margherita, in causa coi figli Elkann).